Diabete mellito
L'espressione 'diabete mellito' non si riferisce ad una singola condizione morbosa, ma ad un gruppo di malattie la cui caratteristica comune più evidente è l'elaborazione del metabolismo del glucosio. Il termine diabete deriva dal verbo greco διαβαίνειν che vuol dire 'passo attraverso', ed indica il 'passaggio di qualcosa nell' urina; l'aggettivo mellito, dal latino mel (miele), precisa che a passare nell'urina è il glucosio. Il diabete mellito è una condizione clinica molto diffusa, e possiamo distinguerne due forme: diabete di tipo 1, che sarà analizzato in questo articolo, e diabete di tipo 2.
Diabete mellito di tipo 1
Nel diabete di tipo 1, detto anche giovanile a motivo dell'età di insorgenza (prima dei 30 anni), la produzione di insulina da parte delle cellule del pancreas endocrino è progressivamente compromessa, fino ad essere pressocché annullata. Occorre in questo caso, somministrare l'ormone dall'esterno per evitare l'instaurarsi di un grave squilibrio metabolico. Nella grande maggioranza dei casi, i pazienti con diabete mellito di tipo 1 presentano nel siero auto-anticorpi, diretti contro vari bersagli delle cellule delle isole pancreatiche. E’ stato ipotizzato che alcuni virus (forse quello della rosolia) possano intervenire all’inizio della malattia, ledendo le cellule di ospiti suscettibili in maniera tale da esporre particolari antigeni, che innescherebbero poi la reazione autoimmune. Nel diabete di tipo 1 a causa della carenza d’insulina, che progredisce fino a divenire pressoché totale, il glucosio entra con difficoltà nelle cellule che costituiscono il bersaglio metabolico dell’ormone, in particolare in quelle muscolari e si accumula nel plasma. La carenza di insulina si verifica anche a livello epatico, dove vengono attivate la gluconeogenesi (cioè la produzione di nuovo glucosio) e la glicogenolisi (cioè la scomposizione del glicogeno in glucosio). Il glucosio prodotto dal fegato, viene riversato nel sangue, aggravando l’iperglicemia. Cosi viene superata la soglia renale del riassorbimento del glucosio, ovvero il valore glicemico ( circa 180 mg/dl) oltre i quali i tubuli renali non riescono a riassorbire tutto il glucosio filtrato attraverso la membrana glomerulare. Si ha quindi glicosuria. Il glucosio presente nell’urina trattiene acqua per osmosi e provoca poliuria accompagnata da polidipsia (aumento del senso della sete) e polifagia ( aumento del senso della fame).
Diabete mellito di tipo 1 ed attività motoria
L'insulina incrementa il metabolismo muscolare del glucosio favorendo il suo ingresso nell'interno della cellula muscolare. Pertanto in un soggetto che svolge attività fisica, l'insulina inibisce la produzione epatica dei corpi chetonici che si verificherebbe nel corso dell'esercizio fisico per aumento della secrezione degli ormoni controregolatori ( soprattutto glucagone e catecolamine). E' importante dedicare grande attenzione al giusto dosaggio di insulina, in modo tale che questo sia sufficiente ad evitare uno scompenso metabolico acuto, che si potrebbe verificare per azione non bilanciata degli ormoni controregolatori con iperglicemia e chetoacidosi, sia ad evitare un'ipoglicemia indotta da eccesso di insulina somministrata. Un corretto programma di allenamento del soggetto diabetico di tipo 1 suggerisce di farlo esercitare nel periodo di condizionamento (8-12 settimane) ad una frequenza cardiaca pari al 60-70% della riserva di frequenza massima prevista. Successivamente si consiglia l’esercizio massimale per 20-30 minuti tre, quattro volte a settimana. Consideriamo l’esempio di un diabetico di tipo 1 di 40 anni con frequenza basale di 70 battiti al minuto :
la frequenza massimale per età è: 220-40 = 180 battiti/min;la riserva di frequenza massima prevista è :180-70= 110 battiti/min;
il 60% della riserva di frequenza massima prevista è = 66 battiti/min; il 70%= 77 battiti/min. Dunque è consigliabile far esercitare questo soggetto nella fase di condizionamento ad una frequenza compresa tra 136 e 147 battiti/minuto.
Le linee guida della American Diabetes Association e dell' American College of Sport Medicine raccomandano:
1. Controllo metabolico prima dell'esercizio
Tendenza all'iperglicemia: Evitare l'esercizio se i livelli glicemici a digiuno sono > 250 mg/dl ed è presente chetonuria.
Tendenza all'ipoglicemia: Ingerire un extra di CHO se i livelli glicemici a digiuno risultano <100 mg/dl.
2. Monitoraggio glicemico prima e dopo l'esercizio
Imparare ad identificare il momento in cui diventa necessario modificare il dosaggio insulinico o il consumo di cibo.
Imparare ad indentificare come varia la risposta glicemica in rapporto al tipo e all'intensità dell'esercizio fisico.
3. Consumo di cibo
Imparare a riconoscere la quantità necessaria di CHO per prevenire l'ipoglicemia.
Abituarsi a tenere con se alimenti ricchi in CHO facilmente utilizzabili sia durante sia dopo l'esercizio.
Fonti Immagini: www.fabrizioangelini.it
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