In Italia, e nel mondo,
un numero sempre crescente di soggetti è affetto da osteoporosi, ma la sua
elevata prevalenza è sottovalutata, poiché tale patologia è spesso clinicamente
silente finché non si manifesta la sua complicanza più importante, ovvero la
frattura. Recentemente la Fondazione Internazionale per l’Osteoporosi (IOF),
utilizzando come popolazione di riferimento quella del “National Health and
Nutrition Examination Survey” (NHANES III), ha osservato che la prevalenza
dell’osteoporosi aumenta drammaticamente con l’avanzare degli anni; per
esempio, nelle donne, si passa da una prevalenza del 5% a 50 anni fino al 50% a
85 anni; mentre le proiezioni future stimano che nel 2020 circa 41 milioni di
donne saranno osteoporotiche. In Italia, i dati raccolti dallo studio
epidemiologico E.S.O.P.O. (Epidemiological
Study On the Prevalence of Osteoporosis), del 2006 hanno fatto emergere che quasi 4.000.000 di donne sono affette da
osteoporosi, e quindi a rischio di frattura, con una prevalenza di oltre
il 40% al di sopra dei 60 anni.
L’esercizio fisico regolare è riconosciuto come cardine dei programmi
d’intervento nella gestione della “salute ossea”. Per
tentare di ridurre l’impatto sanitario e sociale di una patologia per lo più
asintomatica, progressiva e potenzialmente invalidante quale è l’osteoporosi,
appare prioritario perseguire un approccio di promozione della salute e di
sensibilizzazione della popolazione sui vantaggi collegati alla pratica
regolare di attività fisica. L'osteoporosi è una
malattia sistemica dell'apparato scheletrico caratterizzata da una bassa
densità minerale ossea e da un deterioramento della microarchitettura del
tessuto osseo. Le ossa diventano quindi più fragili e sono esposte ad un
maggior rischio di frattura per traumi anche minimi. Le fratture costituiscono
l'evento clinico più rilevante dell'osteoporosi, anche perché interessano con
maggiore frequenza il polso, le vertebre ed il femore. Secondo i dati
dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nel 1990 si sono verificate
circa 1.700.000 fratture di femore nel mondo; ne sono previste 6.300.000 per il
2050. Questi numeri pongono una sempre maggiore attenzione da parte delle
organizzazioni sanitarie per identificare i soggetti a rischio e le terapie più
appropriate, ma rendono anche necessaria una attenta partecipazione individuale
soprattutto per quanto riguarda le attività di prevenzione. I principali
interventi di prevenzione sono:
1) Assicurare adeguato
apporto alimentare di calcio
2) Svolgere una
regolare attività fisica
3) Correggere abitudini
di vita dannose
4) Ridurre il rischio di
cadute
Esiste
ormai una specifica evidenza : chi pratica esercizio fisico a carico
gravitazionale (esercizio in posizione eretta che impone il carico del peso del
corpo) ha una massa ossea maggiore di un soggetto sedentario, e che l’aumento
di massa ossea è specifico della sede scheletrica utilizzata nel movimento.
Allo stesso tempo è stata dimostrata una perdita di massa ossea nel caso di
riposo a letto e in assenza di gravità. L’osso è un tessuto dinamico a lento turnover. Il processo di
osteosintesi, sia nella fase di crescita sia nelle età successive, durante le
quali si verifica un continuo rimaneggiamento dell’osso, ha come principale
meccanismo di controllo lo stimolo meccanico costituto dalle tensioni e dalle
deformazioni applicate all’osso sia dal carico sia dalla contrazione muscolare.
La riduzione della massa ossea che si determina con l’invecchiamento è dovuta
in gran parte a una significativa perdita di attività delle cellule (osteoblasti)
specificamente deputate alla formazione dell’osso. L’influenza della pratica
regolare dell’esercizio fisico sul PMO (osteoporosi
postmenopausale) è dimostrata: in uno studio sullo stile di vita e la densità
ossea, l’attività fisica era il fattore maggiormente correlato con il contenuto
minerale osseo. In generale nelle donne in premenopausa e in menopausa sono
evidenziati livelli di densità minerale ossea più elevati quanto maggiore è il
tempo da loro dedicato alla pratica di attività sportive di tipo ricreativo. In
particolare, Grendale et al. hanno
osservato valori di massa ossea, misurata a livello vertebrale e femorale,
maggiori nelle donne che si dedicavano ad attività sportive di intensità più
elevata, indipendentemente da età, stato ormonale, peso corporeo, apporti
alimentari di calcio e abitudine al fumo di sigarette. Inoltre, gli esperti
hanno potuto verificare un’analoga associazione con il grado di intensità di
impegno fisico connesso con le attività domestiche; diversamente, non hanno
osservato una correlazione con l’intensità dell’impegno fisico svolto durante
l’attività lavorativa e nelle attività quotidiane abituali. Studi
effettuati su atleti e atlete hanno confermato la maggiore efficacia di sport
quali la ginnastica, gli sport di potenza, alcuni sport di squadra a elevato
ritmo di gioco e nei quali sono necessarie doti di potenza e velocità
(pallavolo, rugby, calcio, pallacanestro). Sono invece meno efficaci sul
metabolismo osseo le discipline di resistenza e in particolare il nuoto, per
effetto dell’assenza di contrasto della forza di gravità dovuto alla “spinta”
di galleggiamento che si verifica nell’acqua. E’ dunque
fondamentale iniziare un programma di prevenzione a partire dall’adolescenza,
in modo da conseguire
una crescita ossea ottimale che determinerà la salute scheletrica per il resto
della propria vita, in modo da evitare o quantomeno ridurre al minimo le
fratture ossee. Le
fratture femorali, vertebrali e del polso rappresentano le più tipiche fratture
osteoporotiche:
Frattura del femore: E’ la
complicanza più importante dell’osteoporosi, poiché essa richiede nella quasi
totalità dei casi l’ospedalizzazione. L’incidenza della
frattura del femore aumenta in modo esponenziale con l’età in entrambi i sessi
e nella maggior parte delle regioni del mondo. Questo aumento del rischio di
frattura sembra essere correlato tanto alla fisiologica riduzione della densità
minerale ossea, che si osserva con l’invecchiamento, quanto ad un aumento della
tendenza a cadere tipico dell’età avanzata; infatti le cadute sono responsabili
di almeno il 90% delle fratture femorali;
Frattura vertebrale: Solo un
terzo delle fratture vertebrali sono clinicamente sintomatiche, e, una
percentuale inferiore al 10% richiede l’ospedalizzazione. Soltanto in un quarto
dei casi le fratture vertebrali conseguono ad una caduta; la maggior parte di
esse infatti occorre in rapporto alle comuni attività della vita quotidiana.
Una frattura vertebrale prevalente, anche morfometrica, aumenta il rischio di
una nuova frattura vertebrale di almeno 4 volte, indipendentemente dalla massa
ossea.
Frattura del polso: Sono le
fratture più comuni nelle donne in epoca perimenopausale; infatti, la loro
incidenza aumenta rapidamente subito dopo la menopausa, raggiungendo poi un
plateau dopo i 65
anni di età. Nei maschi invece l’incidenza resta costante tra i 20 e gli 80
anni di età.
Nel caso
di individui affetti da osteoporosi, l’esercizio fisico regolare svolge un
ruolo ben più importante del già considerevole beneficio relativo all’aumento
della massa ossea, in quanto è altresì capace di ridurre le manifestazioni
dolorose delle patologie osteoarticolari tipiche delle età più avanzate, di
migliorare l’equilibrio e l’abilità di movimento, soprattutto nei cambiamenti
di postura,
favorendo in tal modo una riduzione del rischio di cadute e di fratture e più
in generale una migliore qualità della vita. In generale, il carico di lavoro
prescritto nel programma di attività fisica deve essere graduale e incrementato
progressivamente, praticato quante più volte possibile nella settimana, e
ciascuna “seduta di allenamento” deve prevedere una fase iniziale di
riscaldamento, una fase centrale di esercizio fisico più propriamente detto, e
una fase finale di defaticamento. La fase di
riscaldamento, che precede l’impegno fisico, deve prevedere una fase di lavoro
“generale” inteso a preparare il corpo al lavoro più specifico delle fasi
successive; una parte di questa fase va dedicata alla ginnastica di
allungamento (stretching), che deve essere programmata nella parte
iniziale e finale di ogni seduta per favorire la mobilità dei capi articolari e
la distensione delle strutture muscolo-tendinee. La parte centrale della seduta
di allenamento deve mirare all’incremento dell’efficienza e della capacità di
lavoro dei grandi apparati, in particolare gli apparati cardiocircolatorio,
respiratorio e muscolo-scheletrico, senza tralasciare la possibilità di favorire
un incremento della massa muscolare attraverso l’utilizzo di piccoli attrezzi
in grado di stimolare la forza muscolare. Il programma motorio, quindi, va
iniziato con carichi e stimoli sottomassimali, ma comunque in grado (stimolo
allenante) di indurre un aumento della frequenza cardiaca pari almeno al 50-60%
del valore massimo teorico. E’ importante sottolineare che nei soggetti
osteoporotici vanno evitati i carichi ad alto impatto, i movimenti improvvisi
e/o esplosivi, la torsione e flessione del tronco e gli esercizi addominali
dinamici. Affinché lo stimolo indotto dall’esercizio fisico sia osteogenico e
rimodellante, il carico meccanico scheletrico deve essere:
• Superiore ad una
soglia minima efficace, anche se un eccesso di sollecitazioni produce un osso
con minore resistenza biomeccanica;
• Applicato in maniera
dinamica intermittente, non statica;
• Applicato in
compressione (forza di gravità) ed in trazione (contrazione muscolare);
• Eseguito ad alta
velocità con numerose ripetizioni;
• Di breve durata, ma
frequente con periodi di riposo tra le sessioni, per evitare la
desensibilizzazio-ne del sistema di trasduzione meccanica dell’osso
al carico protratto;
• Sito-specifico: l’adattamento
osseo alle sollecitazioni meccaniche è principalmente locale, per cui è
opportuno allenare specificatamente le regioni scheletriche da rinforzare (ad
es. i siti più esposti a fratture da osteoporosi: rachide, collo femore,
polso).
Fonti immagine : conoscereperdecidere.blogspot.com
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